Michelangelo Buonarroti (Caprese,Arezzo 1475 - Roma 1564) 500° anniversario dalla nascita
Figlio di Lodovico Buonarroti
è stato l’artista più geniale ed inquieto della storia dell’arte
occidentale. Fu scultore, pittore, architetto e poeta e concepì la sua
attività come un’incessante ricerca dell’ideale di bellezza. Come per Leonardo da Vinci, in
questa raccolta filatelica tematica è trattato sostanzialmente
l’aspetto dell’artista avuto riguardo
ai dipinti e solo cenni indispensabili sugli altri aspetti
artistici. Ancora in tenera età (1488),
dopo studi umanistici, entrò nella bottega del Ghirlandaio a Firenze,
ma l’attrazione per la scultura antica lo portò presto a frequentare
il giardino di San Marco dove
la famiglia Medici aveva realizzato una cospicua collezione di statue
classiche. Le sue prime prove di scultura vennero notate da Lorenzo
de’ Medici che lo portò a vivere con la sua famiglia e lo mise a
contatto con la cerchia di personalità politiche e culturali del tempo
che gravitava intorno al suo palazzo. Qui Michelangelo ebbe contatto con
Poliziano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e la sua cultura si
plasmò nella dottrina platonica ed il suo gusto artistico si formò
sugli esempi di Masaccio, Donatello, Giotto, Giovanni e Nicola Pisano. Nel 1494, per sfuggire a Carlo
VIII, lasciò Firenze e si recò a Bologna dove, ammirati i rilievi di
Jacopo della Quercia, scolpì un bassorilievo per il Duomo di San
Petronio. Fece poi ritorno a Firenze nel 1495, nello stesso periodo in
cui fra’ Gerolamo Savonarola tuonava contro il lusso e l’arte
paganeggiante. Si diresse quindi a Roma dove realizzò in San Pietro il
gruppo marmoreo della Pietà
Vaticana. Di ritorno a Firenze, fra il
1501 ed il 1505, ebbe un’intensa fase creativa ed appartengono a
questo periodo dipinti quali Tornato poi a Roma ricevette
dal Papa Giulio II quell’incarico che lo avrebbe gravato per un
quarantennio: la sepoltura monumentale del Papa, da lui ideata come un
vero mausoleo classico dove si integrano architettura e scultura.
Trascorse così otto mesi a Carrara per scegliere i marmi più adatti,
ma il Papa era tutto preso dal progetto del nuovo San Pietro, affidato
al Bramante, e Michelangelo, deluso e geloso, lasciò Roma per due brevi
soggiorni a Firenze e Bologna, prima di riappacificarsi con il
pontefice. E da lui nel 1508 ottenne l’incarico prestigioso della
decorazione pittorica della volta della Cappella
Sistina. Cinquecento metri quadri
decorati da Michelangelo in quattro anni sempre sdraiato sulle
impalcature e con lo sguardo ed il pennello sempre rivolti verso
l’alto. L’affresco rappresenta la
piena espressione degli ideali artistici del Rinascimento affidati ad
un’interpretazione neoplatonica della Genesi. Il risultato stupisce
ancora dopo secoli. Struttura architettonica reale e figure dipinte son
in calibrato rapporto reciproco; tutto è studiato nei minimi
particolari: basti guardare i bozzetti ed i cartoni preparatori dove i
modelli sono analizzati sotto ogni punto di vista. Le figure affrescate,
dal plasticismo scultoreo, spiccano per i corpi vivi e possenti, di rara
bellezza ed espressività. Seduti in trono sono i Profeti e le Sibille,
mentre gli Ignudi collegano tra loro i diversi gruppi di figura ed
incorniciano le nove Storie della Genesi. Nel cuore della volta è la
creazione di Adamo: un semplice gesto di Dio Padre dà vita al primo
uomo e richiama l’attenzione dei fedeli riguardanti verso di sé. Tra il 1513 ed il 1515 si
dedicò, dopo la morte di Giulio II, a scolpire alcune figure della sua
tomba. Nel 1516 ritornò a Firenze e
si dedicò alla Basilica di San Lorenzo, da sempre sotto il patronato
mediceo e nel 1519 eseguì i lavori nella Cappella Medici. Dal 1527 (Sacco di Roma) al
1530 (Assedio di Firenze), Michelangelo fu al servizio della Repubblica
fiorentina come responsabile delle fortificazioni, ma la caduta della
città in mano a Clemente VII lo riportò agli ordini dei Medici. Nel 1534 fece ritorno a Roma
dove, su incarico del Papa Paolo III realizzò l’opera della sua piena
maturità Il Giudizio Universale (1536-1541)
della Cappella Sistina. L’affresco riconosce le sue
fonti nella Bibbia e nella costruzione immaginifica di Dante, ma deve la
sua ispirazione più profonda alla concezione religiosa di Michelangelo.
L’iconografia tradizionale del Giudizio Universale è stravolta, il
linguaggio razionale ed ordinato proprio del Rinascimento è
abbandonato. La composizione è dominata dalla figura possente del
Cristo Giudice, circondata dalle schiere degli Eletti e dei Dannati che
fluttuano nello spazio obbedendo al gesto divino: i Beati ascendono, i
Dannati precipitano. Sulla pelle di San Bartolomeo si riconosce il
ritratto deforme dello stesso Michelangelo. Negli ultimi anni della sua vita, l’artista smise di dipingere dedicandosi quasi esclusivamente all’architettura, scultura e poesia. Furono anni di drammatica crisi interiore come lo testimonia l’incompiutezza della Pietà Rondanini rimaneggiata di continuo fino a quattro giorni prima della morte (1564). La città di Firenze ne reclamò le spoglie che il nipote trafugò da Roma.
Soggetti tratti da alcuni particolari delle 14 "lunette" raffiguranti gli antenati di Cristo
Sculture
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